LETTERA APERTA- mercoledì 18 marzo 2020
Caro Maurizio, Caro Franco,
scrivo queste righe per rappresentarvi il sentimento che ormai accomuna da settimane la Segreteria e il Direttivo che rappresento con orgoglio, oltre che tutto il popolo postale di Capitanata.
Non una normale lettera sindacale, come quelle cui si è abituati: nessuna rivendicazione, nessuna protesta, la missiva dei rappresentanti della terra di capitanata è un inno alla speranza.
Il Decreto del Consiglio dei Ministri, come sappiamo, ha inserito Poste tra i servizi essenziali da garantire alla collettività; pochissimo però è stato fatto dall’Azienda per mettere in sicurezza la salute dei lavoratori postali, nonostante i ripetuti e reiterati solleciti del Sindacato.
A nulla è valsa poi in questi giorni la sensibilizzazione degli operatori che hanno più volte invitato la clientela a recarsi presso gli uffici solo per operazioni indifferibili.
A nulla è valso il consiglio di tornare al linguaggio pacato e pragmatico proprio del sindacalismo migliore, rinunciando alla polemica, facile preda di un populismo sterile e inappropriato.
I lavoratori e le lavoratrici postali, però riscoprono e ricordano a noi stessi che la realtà mette in scena vicende universali, tragedie, grandi cambiamenti storici, desideri, sacrificio, fede e anche tanta disperazione. Si tratta di maneggiare ogni giorno, con il nostro linguaggio sindacale e con l’abnegazione, un materiale che è il cuore della natura umana.
Abbiamo sempre fatto il nostro lavoro scrupolosamente e sappiamo che lo scoraggiamento porta sterilità. Ma per molti, troppi tutto procede come se nulla fosse accaduto.
Ieri la tragica notizia dei due colleghi deceduti nella bergamasca, responsabilmente sul loro posto di lavoro fino al momento del contagio, ci ha lasciati senza parole e posto una domanda: Che senso ha continuare cosi? Dove è la responsabilità d’impresa che, se da un lato comunica quotidianamente il lavoro svolto e da svolgere, nei fatti sappiamo che difficilmente riesce ad attuare quanto enunciato subito nei giorni successivi.
Purtroppo la Lombardia ci sta insegnando che il primo alleato del Covid-19 è il tempo.
E noi di tempo a disposizione non ne abbiamo, né tantomeno possiamo rischiare di sacrificare altri colleghi.
Foggia, il territorio cui rappresento, non è zona” rossa” ma ci preoccupa il dato che ci vede prima provincia della Puglia per contagi e che potrebbero salire sensibilmente nei prossimi giorni col picco previsto dalla comunità scientifica.
Comprendendo anche le difficoltà aziendali nel trovare strumenti di protezione individuale, non possiamo che denunciare lo stato di abbandono (e di stress) in cui versano i lavoratori.
Nella storia postale e non solo, ci troviamo davanti a una prova importante di responsabilità civile e di coscienza individuale. Andrebbe vista come un’opportunità di coesione e di esempio per tutti. Se c’è qualcosa da riscoprire è l’importanza dei valori essenziali per cui abbiamo combattuto e fatto delle scelte. Tutti. A cominciare da quella del nostro lavoro. Se pure non fossimo stati abbastanza consapevoli, ora di certo è l’occasione per continuare la nostra missione con un atteggiamento che dimostri, sia fra noi sia in chi rappresentiamo, una grande capacità di comprensione. Si costruisce con i mezzi che abbiamo, e se ora i soliti mezzi ci sembrano, preclusi, siamo comunque in grado di attingere alla nostra umanità e alla nostra esperienza.
Per tutto questo, dalla nostra piccola voce, chiediamo di mettere risolutamente sul tavolo della discussione la possibilità di chiudere tutti gli uffici postali, salvaguardando così migliaia di lavoratori e lavoratrici, oltre che i clienti stessi che vi si recano.
Sappiamo che non è semplice, ma è necessario far comprendere al Governo che ci sono gli strumenti legislativi per farlo, all’Azienda invece diciamo che Poste non è composta da macchine, ma da persone; dove dietro ad una persona c’è una vita da salvaguardare. Anzi 125mila vite.
Da ieri purtroppo due di meno.
Foggia, 18 marzo 2020
con un grosso abbraccio virtuale Vi saluto. Antonio Lepore
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